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C’erano una volta i Pellerossa

Indiani
Questa sera a più o meno diecimila metri d’altezza ho letto un articolo su “le monde” scritto da un giornalista americano che non conosco che, come si dice dalle mie parti, mi ha fatto ingrippare lo stomaco. Un articolo che parla, racconta, anzi esalta il ruolo “storico” dell’America, o meglio degli Stati Uniti d’America, oramai consolidato di civilizzatori e portatori di democrazia e libertà nel mondo. Oserei dire di pacificatori. Se non ricordo male anche tra i “mafiosi” esiste la figura del paciere.
Personalmente adoro quel continente e sono certo e stracerto che non tutti la pensino come questo imbecille. Tuttavia questo articolo mi ha portato ad una riflessione che vorrei condividere. Giusto una riflessione e nulla di più sulla storia di chi oggi si erge a civilizzatore del mondo. E che per certi versi si ritrova nel nostro dramma quotidiano di disperati che arrivano a noi, se arrivano, con barconi fatiscenti e nell’atteggiamento, a mio avviso, ipocrita ed irresponsabile che il nostro mondo “civile” sta assumendo.

“Vedo ancora le donne e i bambini trucidati, ammassati e disseminati lungo il burrone. Li è morto il sogno di un popolo. Un popolo meraviglioso”. Con queste parole lo scrittore Alce Nero inizia il suo libro “Seppellite il mio cuore a Wounded Knee”. Un libro che riassume come in due secoli il nascente popolo americano, quello che tra il 1700 e la fine del 1800, diede vita agli Stati Uniti d’America, quello stesso popolo oggi eletto (auto eletto) a simbolo mondiale di libertà, democrazia e civiltà, in due secoli seppe ridurre la popolazione dei pelle rossa, i nativi americani, da 10 milioni a circa settecentomila.
Oggi, nel ventunesimo secolo, ci sono tribunali internazionali pronti a giudicare tutto e tutti coloro dissociati dal nostro standard, dal nostro credo, dalle nostre regole. Già nel ventesimo secolo, nel1945, il Tribunale di Norimberga, presieduto dagli americani giudicava (a ragione) i nazisti.
In tutto questo io vorrei solo sapere, capire, quanti metri e quante misure esistano nel mondo e quanto debbano essere elastici per “coprire” o mascherare l’ipocrisia del mondo “civile”.
Quello che in nome della civilizzazione ha violentato, invaso, rapinato e stuprato il continente africano per secoli ad esempio; quello che in nome del progresso ha cancellato dalla faccia della terra oltre nove milioni di nativi americani. Ecc ecc.
Ma questi chi li giudica?
Chi da o chi darà giustizia alle loro vittime?
Forse un giorno… Forse un giorno anche noi che tacitamente avalliamo, giriamo lo sguardo vili, perché solo di vigliaccheria si tratta, che auto giustifichiamo dicendo… “Ma erano altri tempi”… “Bisogna vedere le cose nel loro momento storico” … “Oggi si combatte per assicurare a tutti i diritti inviolabili dell’uomo”.
Tutte cavolate! Io credo che un giorno dovremo rispondere di questo. Il conto arriva sempre. I processi, i tribunali internazionali, le indignazioni pubbliche sono altrettante cazzate, alibi e teatrini per darci una parvenza di civiltà e democrazia. Una civiltà oggi bella ed agiata pagata con il sangue e la felicità di interi popoli. Mi chiedo infatti se nessuno oggi si chieda davvero, ogni tanto, quanto è costato il nostro agio attuale e chi, veramente, lo abbia pagato.
Facciamo si che questo non accada più. Accogliamo chi ci chiede aiuto ed una speranza. E quando sbarcano, se davvero siamo un popolo civile come diciamo, come crediamo, come vogliamo essere, non dimentichiamoci del passato e per prima cosa chiediamo loro “scusa” e poi chiediamo cosa possiamo fare per loro. Ovviamente chiediamo loro di rispettare le nostre regole consapevoli però del fatto che noi le loro le abbiamo calpestate per secoli e secoli.

Un saluto

MG

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MG

Marcello Gianferotti, classe 1966, ha iniziato a viaggiare all’età di 15 giorni. Prima la Tunisia, poi il Madagascar, l’Italia e ora la Spagna: non si è mai fermato. Grande appassionato di scrittura, è referente iberico del circuito Sviluppo Europa e gestisce, oltre a SamizdatVoz, anche il suo blog culinario marcellogianferotti.org.

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