

Tra le molte cose che Xi Jinping – nel suo discorso di apertura alla Quinta Sessione del 19mo Comitato Centrale del Partito comunista cinese, in corso dal 26 ottobre nella Grande Sala del Popolo in Piazza Tienanmen a Pechino – confermerà alla oligarchia che gestisce il Paese e comunicherà urbi et orbi, c’è il raggiungimento, in Cina, dello xiaokang, cioè il livello di una società moderatamente benestante.
Xi lo farà sulla scorta dei risultati ottenuti durante il 13mo Piano Quinquennale (2016-2020), che registra il superamento di 10.000 dollari di PIL pro-capite per la prima volta nella storia della Repubblica popolare. Un risultato non proprio male, con un incremento di 60 volte rispetto al 1980, quando la Cina si trovava agli albori della rivoluzione ‘liberista’ di Deng Xiaoping, che avrebbe messo negli anni a seguire definitivamente in soffitta il sottosviluppo e il pauperismo dell’epoca maoista (ma anche alcuni capisaldi, storici ed ideologici, del socialismo cinese).
La Quinta Sessione – che, oltre a valutare il consuntivo del vecchio, si concentrerà soprattutto nella illustrazione delle linee guida per il nuovo Piano Quinquennale, il 14mo – cade alla fine di un anno particolarmente difficile per la Cina e il suo gruppo dirigente.
Il 2020, infatti, resterà segnato in modo indelebile dalla pandemia a livello mondiale del Covid-19, la cui diffusione planetaria è addebitata, dall’opinione pubblica internazionale e da molte Cancellerie occidentali, ai comportamenti ambigui o omertosi, ai silenzi e alle molte zone d’ombra che hanno caratterizzato l’approccio al problema da parte della dirigenza cinese. Tutti noi ricordiamo le immagini agghiaccianti della Wuhan chiusa nella morsa del virus nel gennaio scorso, ma soprattutto valutiamo come ancora oggi stiamo combattendo una guerra che sembra senza speranza contro un nemico invisibile, che ha fatto milioni di malati e di vittime in tutto il mondo. Le false o monche o tardive informazioni che la Cina ha fornito agli altri Paesi sono diventate – o così sono state percepite a livello internazionale – un fattore importante del propagarsi del virus e delle nefande conseguenze che ancora stiamo vivendo.
Su questi temi si è incentrata la polemica della Casa Bianca verso la Cina. Trump – in parte per motivi elettorali, in parte per scaricare le sue responsabilità nella gestione della pandemia, in parte perché un nemico esterno è sempre utile a far passare in secondo piano le incapacità proprie – ha colto l’occasione per sferrare un attacco frontale alla Cina e al suo Governo, mescolando nella sua a volte rabbiosa, ma non sempre infondata, polemica problemi di libertà politica e dazi doganali, trasparenza nella gestione della pandemia e interessi geopolitici.
Tanto che l’annus horribilis delle relazioni Cina-USA non è ancora terminato. Anzi, proprio in questi giorni il gruppo dirigente cinese rilancia una serie di contromisure alle accuse e agli atti dell’Amministrazione statunitense. Quasi in concomitanza con l’apertura della Quinta Sessione è stato pubblicato e ampiamente diffuso un libretto, che contiene il discorso tenuto da Xi in occasione della cerimonia, puramente formale, del 70mo Anniversario dell’entrata in Corea del Nord del cosiddetto corpo dei Volontari del Popolo cinese, nel 1950, in difesa dei fratelli coreani ‘dalla guerra di aggressione degli USA’. E negli stessi giorni venivano prese due misure dichiaratamente antiamericane: l’applicazione di sanzioni ad alcune società statunitensi (tra cui Lockeed Martin, Boeing Defence, Raytheon) per la vendita di armi a Taiwan, e il blocco o il rallentamento all’apertura, annunciata da Washington, in Cina di sedi di testate giornalistiche (giornali e TV) americane, in risposta alle restrizioni imposte da Trump negli Stati Uniti nei confronti di analoghe testate cinesi.
Xi Jinping arriva alla Quinta Sessione con un testo ampiamente condiviso, secondo la più consolidata tradizione del Pcc: negli ultimi mesi si è confrontato a più riprese con imprenditori, scienziati, amministratori, tecnici ma soprattutto con i pezzi da novanta del Partito. Ha da mettere sul piatto i risultati del precedente Piano quinquennale, che hanno irrobustito il ruolo di superpotenza della Cina: oggi rappresenta oltre 16 % del PIL mondiale e nel 2019 ha apportato un contributo alla crescita planetaria pari al 30%.
Nonostante il Covid, nei primi tre trimestri del 2020 il PIL è cresciuto dello 0,7% (ben lontano dal crollo verticale subito da tutte le economie occidentali) e con prospettive di fine anno con crescita superiore al 5% nel quarto trimestre, dinamica favorita da un cospicuo + 4,9% nel trimestre luglio-settembre. L’inflazione è sotto controllo (l’indice dei prezzi al consumo veleggia attorno al 3%), le riserve valutarie a 3.000 miliardi di dollari e, come visto, i reddito disponibile dei cinesi continua crescere, anche se il divario città-campagna stenta a riequilibrarsi. Unica nota sotto tono, il commercio estero, pressoché stagnante (+0,6% import, +1,8% export).
Xi, inoltre, proporrà la via maestra del 14mo Piano quinquennale, che guiderà lo sviluppo cinese, fino al 2025, e una prospettiva di lavoro a lungo termine, fino al 2035. Con due date-simbolo su cui lavorare: nel 2021 le celebrazioni del centenario del Partito Comunista e il 2049, centenario della istaurazione della Repubblica popolare cinese (evento che cadrà nello stesso anno in cui Macao tornerà definitivamente sotto il controllo di Pechino e due anni prima Hong Kong: chi vivrà, vedrà).
Il 14mo Piano Quinquennale avrà come riferimento la percezione della dirigenza comunista che il mondo è cambiato e affidare lo sviluppo all’internazionalizzazione un rischio troppo grande. Due i concetti-base che informeranno le politiche di crescita e sviluppo: la doppia circolazione e l’autosufficienza. Se i settori di sviluppo sono in linea con quanto fatto precedentemente (alta tecnologia, sistemi di circolazione interna, innalzamento del livello dei servizi, intervento sul lato dei cambiamenti climatici) la circolazione interna sta a significare un doppio standard che favorirà in particolare l’economia nazionale, pur senza trascurare (ma senza inseguire) l’integrazione internazionale, mentre l’autosufficienza è un concetto vecchio (contare sulle proprie forze, dal vago sapore autarchico) detto con parole nuove.
Ma i Piani Quinquennali non sono monoliti e in corso d’opera si può cambiare. Perché, come ricorda in questi giorni Quotidiano del Popolo, organo del Pcc, citando una massima confuciana, la preparazione porta al successo, mentre la mancanza di pianificazione conduce al fallimento.
Tutto dipende dai contesti interni e mondiali. A partire da chi sarà l’inquilino della Casa Bianca dal febbraio 2021. E i marxisti-confuciani di Pechino questo lo sanno.