Opinioni

Quando è il figlio a voler andare a danza: rovesciamo qualche stereotipo

“Mamma, voglio andare a danza!”

“Ma Davide… tu sei un maschietto!”

Generalmente la Danza è considerata dai più come una materia confusa, ovattata, di tulle rosa e paillettes, con immagini di cigni e bambine, tante, tantissime bambine. Nell’immaginario collettivo, concedere ad un figlio maschio di entrare in questo mondo sarebbe come aspettarsi che esca da lezione con un tutù, bacchetta magica e porporina che si sparge al suo passaggio: una tragedia per chiunque pensi che un vero ometto debba invece essere ben piantato a terra, impacchettato con calzettoni a vista che finiscono appena sotto i pantaloncini da calcio e un immenso borsone a fare da corredo. Il massimo che in questo scenario si può spargere è la terra mista ad erba dalle scarpe usate durante l’allenamento.

In linea generale nel nostro Paese c’è una forte resistenza da parte dei genitori nel concedere ai figli di avvicinarsi alle forme d’arte, figuriamoci quando a manifestare questo interesse è proprio un bambino. Vittima ancora di schemi anacronistici e ricchi di stereotipi, una buona fascia di genitori è ancora fermamente convinta (nonostante i tantissimi esempi del contrario), che quella sia la strada della condanna sociale, di un marchio che una volta impresso sarà impossibile lavare via: è l’inizio di un tunnel infinito di preoccupazioni (inutili) che derivano dal fatto che non si sta compiendo quello che si programmava: il calcio, il basket, la chitarra.

I bambini non vedono la differenza tra un’attività “da femmina” e una “da maschio” fino a quando non è la società a porre a queste un’etichetta. Loro vedono la performance, i vestiti, le luci e i movimenti e si innamorano di quello, senza conoscere o preoccuparsi di tutto quello che c’è dietro. A loro piace fare quella lezione, imparare a conoscere il proprio corpo, a stare in equilibrio e perché no, a infilarsi una tuta accademica da danza.

Nessun ragazzino nasce con la divisa da basket infilata. Ognuno di loro dovrebbe essere lasciato libero di fare le proprie scelte e esperienze con il massimo sostegno di entrambi i genitori. È difficile lasciare che già da piccoli si discostino da quello che è il disegno, in teoria, tracciato per loro, ma è ciò di cui hanno bisogno, soprattutto davanti ad una miopia diffusa. Da un punto di vista formativo e professionale inoltre, quello della danza è un mondo sì ancora molto dominato dal “baronaggio” delle istituzioni più tradizionali, ma anche fortemente aperto a tutto un ventaglio di nuove sperimentazioni di scuole performative che stanno prendendo piede su tutto il territorio europeo. Materia prima e oggetto di scouting in queste realtà sono proprio gli studenti maschi (più rari), che in questo settore hanno più possibilità di crescita e riuscita, soprattutto remunerativa, inversamente a quanto l’opinione comune possa pensare.

Lasciato da parte il mondo della professionalità, nel contesto immediatamente futuro sarà estremamente importante avere adulti che da bambini hanno fatto danza, anche per poi accantonarla. Il Long Life Learning è considerato come il sistema di rinnovamento delle conoscenze e competenze più efficace, basato sulla molteplicità di fonti di raccolta delle skills. Quella di cui parliamo è una disciplina che insegna il rispetto, la misura, l’essere pacati, responsabili e concentrati: tutte caratteristiche che (guarda caso) sono le più ricercate nel mondo del lavoro. Sarebbe davvero un peccato lasciarle dietro l’idea di un tutù, no?

In una società dinamica e in continua rigenerazione come la nostra, in cui però le istituzioni e gli enti del settore stanno boccheggiando, sta a noi riappropriarci di una delle nostre più antiche forme di espressione e avviare una vera e propria rivoluzione culturale che possa ripristinare lo status di questa forma d’arte: fare in modo che sia un esercizio di cui andare fieri, e non più qualcosa da nascondere!

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Carlo Colleluori

Carlo Colleluori, 24 anni, ballerino a tempo perso e dottore in Scienze della Comunicazione e laureando magistrale in Media, Arti, Culture. È appassionato di lettura, serie tv e parchi a tema. Attivo anche nel sociale attraverso diverse associazioni, cerca ogni giorno di combattere e dare una voce ai diritti di tutte e tutti.

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