Opinioni

Quelle strane apostasie dei filosofi

Foto di Sonia Capuccini (CaoS Photo)

 

“Tutto ciò che la filosofia può fare è distruggere idoli. E questo significa non crearne di nuovi.”
(L. Wittgenstein)

Soltanto gli stupidi non cambiano mai idea. Questo è ormai patrimonio comune. Pertanto, se Cacciari decide di fare il vaccino è nel suo diritto e nessuno può contestargli niente, a meno che non si voglia fare lo stesso errore della controparte che si intende confutare. Allo stesso modo, Cacciari è libero di servirsi dei riferimenti d’autore che meglio si prestano a far apparire più allettante il suo cedimento alla logica vaccinale sul mercato. Ma di fronte all’assunto secondo cui anche una legge ingiusta bisogna che sia comunque rispettata è invece doveroso contestarne la pertinenza.

Se negli anni trenta tutti i filosofi l’avessero pensata come Cacciari il nazifascismo avrebbe certamente avuto partita vinta. Dunque, finché Cacciari è capace di cambiare opinione, così facendo dimostra di non fare più della propria ragione una pretesa che si fonda sull’appropriazione onnipotente della verità (il che, in sé, è anche un bene), ma diffondere l’idea che una legge ritenuta ingiusta debba essere comunque rispettata, altrimenti è meglio andare a vivere da un’altra parte, corrisponde invece ad un tentativo di persuasione fuorviante, oltre che un sofisticato autoinganno (il che, in sé, è sicuramente esiziale).

Ma le istituzioni a cui Cacciari si dispone a prestare il fianco sono le stesse che in un passato non troppo lontano, attraverso i servizi segreti, sono state colluse con la strategia della tensione, lo stragismo fascista e la criminalità organizzata (un particolare che il filosofo dimentica probabilmente per un evidente opportunismo di comodo). A questo proposito è importante riferire che negli anni ’60, ad esempio, al termine del suo libro “Psicoanalisi della guerra”, Franco Fornari dichiarò fuori legge lo stato (referente traslato dei genitori) per via del sacrificio dei suoi cittadini (referenti traslati dei figli). In termini di strutture affettive vi è infatti un trasferimento dei codici familiari ai codici sociali, da cui deriva che i processi decisionali dei vertici istituzionali sono in relazione a codici affettivi profondi. Sicché, istituzioni disposte a sacrificare i propri cittadini corrispondono non tanto al padre e alla madre in quanto ruoli parentali autentici, ma al patrigno e alla matrigna in quanto falsi istitutori della legge. In questo senso, per dirla con Caillois, “la sola autorità stabile è quella che costringe con l’esempio e che si fonda sulla stima e l’ammirazione”. A tal proposito si ricordi che un padre autentico come Pertini (referente di un codice simbolico soggiacente ad un’istituzione basata sulla democrazia degli affetti) ebbe a dire che “quando un governo non fa ciò che vuole il popolo, va cacciato via anche con mazze e pietre”.

L’apostasia di Cacciari diventa così uno strano modo dietro cui trincerarsi per avere sempre ragione, mentre in realtà non dice tutta la verità in relazione alla sua annunciazione, posto che la verità in questo senso non è certo un filosofo che può dirla, perché cedere di fronte alla legge del più forte significa cedere all’autorità del nome-del-Padre e alla supremazia del fallo, vale a dire cedere ad una logica di esclusione della differenza e adottare il sistema della perversione che opera attraverso il ricatto e la costrizione. Siamo pertanto lontani della psicopolitica di Fornari che puntava a preservare la buona famiglia interna come referente simbolico di tutti i codici affettivi secondo una logica pubblica e consensuale. Anzi, si può parlare del cedimento di Cacciari come di una forma di contagio della filosofia, la cui costante sembra essere quella dell’estromissione dai confini della relazione in cui non è più possibile il rispetto della diversità delle posizioni.

L’apostasia di Cacciari, per il modo in cui gioca con una sfacciata persuasione, finisce per accentuare la contrapposizione tra chi è a favore del vaccino come fosse la panacea di tutti i mali e gli obiettori di coscienza. Questo proprio perché punta a far vedere come buono un dispositivo che invece è visto come l’orso cattivo. Non bisogna infatti trascurare la dimensione dell’immaginario che la pandemia ha prodotto e che la politica ha alimentato (si pensi, ad esempio, al clima di guerra e a termini come coprifuoco o lockdown adottati all’inizio della pandemia), incurante di compromettere la sopravvivenza economica del paese e senza misure di alcun tipo che avrebbero potuto aiutare le fasce sociali più deboli.

Il problema della pandemia è in realtà un po’ più complesso della contrapposizione securizzante tra vax e no-vax. Un simile riduzionismo è anzi funzionale solo a chi si accontenta di una versione elementare della complessità. Come ebbe a dire Le Bon, chi disillude la folla finisce puntualmente per diventare una sua vittima. E in questo senso non è da escludere che sotto la negazione delle ragioni degli obiettori stia pian piano emergendo la paura di aver fatto una scelta sbagliata, troppo affrettata e dettata dalla paura.

Allo stato attuale delle cose si può quindi dire che la critica indifferenziata al vaccino di massa e l’istituzionalizzazione di un meccanismo di esclusione (il green pass) ha prodotto un effetto secondario: quello di un attacco alla credenza nella riuscita dei vaccini come la soluzione intravista (la qual cosa ha finito per scatenare una reazione ideologicamente avversa).

Qui ci troviamo di fronte a due codici privati e pertanto conflittuali che reclamano ciascun per sé un desiderio di appropriazione onnipotente della verità che va al di là della simbolica politica in cui entrambi i gruppi possono comunque riconoscersi nella coesistenza degli affetti a partire dal rispetto delle posizioni di cui ogni gruppo si avvale come sistema di protezione. Questo significa che sia i sostenitori del vaccino che gli obiettori fanno una scelta sulla base non dell’imprevidenza o di fantasie persecutorie su grande scala – com’è il caso dei negazionisti – ma di riferimenti ricavati dalla stessa classe medica, la quale è a sua volta divisa sullo stesso tema (da cui deriva che l’obiezione di coscienza e la reattività nei confronti degli obiettori si spiega come contrapposizione tra i sommersi e i salvati).

Se quindi al grande gruppo che chiamiamo popolazione corrisponde il codice affettivo dei bambini; se alla leadership istituzionale corrisponde il codice affettivo di tipo patrigno o matrigno indegno; e se al codice affettivo dei fratelli corrisponde il gruppo medico-scientifico, apparirà chiaro che il problema non è tanto riferito ad un gruppo di obiettori che bisogna assolutamente indurre alla vaccinazione, quanto al dibattito che ha preso forma all’interno della cosiddetta comunità scientifica divisa contro se stessa. È questo il fattore che ha ingenerato un’insicurezza e una sfiducia dilagante nella popolazione per via della mancanza di un confronto aperto e di una comparazione dei dati reali in maniera chiara per tutti.

Perché infatti pensare ad un’unica soluzione vaccinale massificata e non attaccare il virus da più fronti con una terapia calibrata sul quadro clinico di ognuno? Perché considerare affidabile il green pass se anche i vaccinati contraggono e trasmettono il virus? E perché non adottare i tamponi per tutti (vaccinati e obiettori di coscienza), visto che senza previo tampone non si può effettivamente certificare la negatività di nessuno? Domande come queste sembrano aver lasciato il posto alla delega assoluta in virtù di un principio di sudditanza a cui anche il filosofo Cacciari invita a fare ritorno.

Ora, poiché la variante omicron è indicativa di una curva discendente della virulenza del virus, si può allora imparare a convivere con questa fase della pandemia adottando una diversa tecnologia terapeutica, raccomandando di procedere con più cautela e temporeggiando rispetto alle nuove dosi di rinforzo. Se in questo senso hanno ragione i medici che sospettano possano esserci delle conseguenze future in relazione a questo tipo di vaccini (come ad esempio la slatentizzazione di malattie autoimmuni, tumori e miocarditi, ma nondimeno la compromissione dello stesso sistema immunitario per via di dosi così vicine l’una dall’altra), il futuro che ci si prospetta potrebbe essere quello di un conto da pagare per tanta incauta imprevidenza. E adesso che la virulenza del virus si è attenuata bisognerà cominciare a pensare come fare per restaurare la convivenza attaccata dal virus del sospetto e della diffidenza fino all’uso di una forma larvata di violenza.

 

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Domenico Treccozzi

Domenico Treccozzi si occupa di critica sociale e più recentemente di Counseling rivolto alla persona, alla coppia, alla famiglia, ai gruppi ed alle organizzazioni. Interessato ad una lettura psicopolitica dei fenomeni culturali in genere, così come è stata formulata dalle teorizzazioni di Luigi De Marchi, è alla ricerca di un adattamento alla libera pratica del Counseling (di derivazione dalla migliore tradizione umanistica di Carl Rogers), secondo l'apporto integrato e strategico dei più recenti sviluppi nell'ambito della relazione d'aiuto.

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