Com’era la situazione editoriale ai tempi dell’Unione Sovietica?
Tutte le case editrici erano di proprietà statale e qualsiasi testo, prima di essere pubblicato, doveva superare il vaglio della censura preventiva, lo scoglio più grande.
Erano tante le ragioni per cui i libri non superavano la censura e quindi non potevano andare in stampa: potevano, a detta dei censori, contenere una critica dell’ideologia sovietica o non essere abbastanza patriottici. Nei libri non doveva esserci una rappresentazione positiva della religione o di punti di vista oggettivi – quindi non sovietici – di avvenimenti storici. Inoltre non venivano stampate le opere degli scrittori emigrati dall’Unione Sovietica, perché li si riteneva “nemici e dei traditori della società”.
L’inferno di Treblinka è il primo reportage dai campi nazisti scritto dal più popolare corrispondente di guerra dell’Armata Rossa, Vasilij Grossman.
Grossman fu uno dei primi giornalisti a vedere il campo di concentramento di Treblinka, appena liberato dai soldati sovietici. Insieme a un altro corrispondente di guerra, Ilja Erenburg, Grossman raccolse materiale sull’Olocausto e le sue osservazioni nella raccolta Libro Nero. In URSS non pubblicarono il testo perché non si voleva far emergere il tema dell’Olocausto degli ebrei. Si credeva che non si dovesse concentrarsi sulle sofferenze di un popolo in particolare ma era necessario descrivere i crimini dei nazisti in generale e la sofferenza del popolo sovietico nel suo insieme.
Nel 1947 il libro venne pubblicato negli Stati Uniti – in Italia è apparso per la prima volta nel 1999 grazie a Mondadori. In Russia, il testo completo del libro è stato pubblicato solo nel 2015. Pazzesco!