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Adam: una storia di sorellanza e amore materno in Marocco

A Madrid il cinema è come un culto: sono sempre pieni, qualsiasi giorno della settimana tu ci vada, ricchi di film non solo commerciali ma anche di registi di diverse nazionalità, premiati ma sconosciuti a tutti, cosa che in Italia non ho mai avuto il piacere di incontrare. E poi qui le persone sono realmente interessate a ciò che stanno vedendo, vanno al cinema per guardare una storia, per scoprire e imparare, non perché non sapevano che fare un pomeriggio.

Sono andata al cinema anch’io, e ho visto Adam, un film drammatico marocchino del 2019 diretto da Maryam Touzani. È stato proiettato nella sezione Un Certain Regard al Festival di Cannes del 2019 ed è stato selezionato come voce marocchina per il miglior lungometraggio internazionale agli Oscar.

La storia è questa. Abla gestisce un’umile panetteria nella sua casa a Casablanca, dove vive da sola con la figlia di 8 anni, Warda. La sua routine, dettata dal lavoro e dalle faccende domestiche, viene interrotta un giorno quando qualcuno bussa alla sua porta. Si tratta di Samia, una giovane donna incinta in cerca di un lavoro e di una casa. La bambina è attratta dalla nuova arrivata dal primo momento, ma la madre inizialmente è contraria ad accogliere la sconosciuta nella sua casa. A poco a poco, però, la determinazione di Abla svanisce e l’arrivo di Samia apre la possibilità di una nuova vita per loro tre. Il film è stato ispirato da una situazione simile che Touzani ha vissuto quando i suoi genitori hanno accolto una donna incinta a Tangeri per diversi giorni durante un periodo in cui essere una donna incinta (senza marito) era illegale in Marocco.

La contrapposizione di queste due donne, a due estremi diversi, una madre e l’altra incinta, una vedova e l’altra abbandonata, ma sono unite dal peso del maschilismo e del patriarcato e da sentimenti che faranno crescere il loro legame. Entrambe vengono espulse dalla società marocchina: una madre single che partorisce in ospedale può essere condannata alla prigione. Il suo destino è nelle mani di un giudice, di solito un uomo, che deciderà. In tribunale, sono sempre le donne che a priori devono giustificare le loro rimostranze. La responsabilità degli uomini non è mai messa in discussione.

Il Marocco è un paese giovane e questo film può contribuire a cambiare le cose.

La regista Touzani riferisce ai microfoni di Euronews: “Quello che volevo raccontare soprattutto è come queste due donne finiscono per addomesticarsi a vicenda, per guardarsi davvero negli occhi, per capirsi, come ciascuna mette l’altra di fronte alle proprie verità, alle proprie ferite, ai propri dolori, alle proprie gioie, che a volte non riescono a vedere, quindi di fronte alla vita vera in realtà, perché sono due donne in fuga, per ragioni diverse, ma che si ritrovano sulla strada, e potranno affrontare la vita insieme.”

“Volevo che la mia telecamera fosse talmente vicina ai personaggi da dimenticare l’esistenza della telecamera stessa – spiega -, da poter veramente penetrare la loro anima, il loro essere… essere davvero loro per un’ora e mezza per poterle capire. Penetrare la loro intimità, senza per questo fare del voyeurismo, far cadere tutte le barriere fra noi spettatori e queste due donne”.

Il film è stato accolto positivamente in Marocco, dove ha dato origine a un intenso dibattito. Nonostante questo, l’argomento è molto scottante in un paese in cui, per le donne, c’è ancora molta strada da fare: “È una ragazza che fugge dal suo villaggio per nascondere una gravidanza, è una ragazza che avrebbe magari potuto abortire se avesse avuto la possibilità di scegliere, ma non l’aveva perché l’aborto è ancora illegale oggi in Marocco. Quello che provo è soprattutto un desiderio di far avanzare le cose, di cambiarle, e sento anche che le donne marocchine sono stufe, siamo arrivate a un momento in cui abbiamo davvero voglia di prendere in mano il nostro destino, e di gridarlo forte e chiaro, ed è un momento bellissimo da vivere”.

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Chiara Gianferotti

Chiara Gianferotti, 24 anni, ha sempre o un libro o una valigia in mano. Vive a Madrid ed è laureata in Lingue per l’Editoria, con un master in Editoria e Traduzione. Attualmente si occupa di editing, traduzione e comunicazione editoriale come freelance. La sua più grande passione è scoprire nuove librerie e parlare di libri su Instagram.

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