Internazionale

Aborto e LGBT community: la situazione drammatica della Polonia

Il 22 ottobre la Corte costituzionale della Polonia ha dichiarato incostituzionale l’accesso all’aborto in caso di “gravi e irreversibili malformazioni fetali o malattie incurabili che minaccino la vita del feto“: una sentenza che danneggia ulteriormente le donne e le ragazze e viola i loro diritti umani e la loro libertà.

“La sentenza è il risultato di un attacco sistematico e coordinato dei parlamentari polacchi ai diritti delle donne, il cui obiettivo è di vietare del tutto l’aborto nel paese. Il divieto di aborto non previene l’aborto né riduce i tassi di aborto. Al contrario, costringe le donne ad abortire clandestinamente o a viaggiare all’estero per poter abortire“, ha dichiarato Esther Major, consulente per la ricerca di Amnesty International.

 

 

Le donne polacche vestite
da ancelle, come nella serie tv Il racconto dell’ancella – foto da milanoinmovimento.it

 

Il 25 luglio scorso la Polonia aveva deciso di uscire dalla Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (Convenzione di Istanbul), perché contiene “concetti ideologici” non condivisi dall’attuale esecutivo polacco, fra cui quello sul sesso “socio-culturale” in opposizione al sesso “biologico”. Inoltre, la Polonia aveva già una delle leggi sull’aborto più restrittive d’Europa, che permetteva l’interruzione di gravidanza solo per tutelare la vita o la salute della donna o quando la gravidanza sia la conseguenza di uno stupro. Anche nei casi in cui l’aborto sia legale, nella pratica quotidiana ci sono molteplici ostacoli e limitazioni da superare. Il Partito diritto e giustizia, al potere dal 2015, ha più volte cercato di restringere i diritti sessuali e riproduttivi, presentando anche una proposta di legge per vietare del tutto l’aborto. Si sono scatenate proteste di massa nei mesi del lockdown e la condanna da parte delle istituzioni europee e degli organismi internazionali sui diritti umani.

Varsavia è al centro del dibattito anche per i diritti gay: un terzo del territorio polacco è occupato dalle “Lgbt free zones”, ossia “libere dall’ideologia Lgbt”, aree dove gli omosessuali vengono discriminati. Il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione dichiarandole contro i diritti fondamentali e Adam Bodnar, attivista polacco per i diritti umani, ha deciso di rivolgersi alle corti amministrative locali, dichiarando che “discriminano ed escludono la comunità LGBT da alcuni servizi pubblici”. Ma il governo polacco trova il sostegno di molte organizzazioni fondamentaliste cattoliche che difenderebbero famiglia e bambini dalla cosiddetta “cultura gender”.

Centinaia di donne continuano a manifestare ogni giorno. La settimana scorsa si sono rivolte verso la casa del leader del Partito, Jaroslaw Kaczynski. La polizia ha utilizzato gas lacrimogeni contro i protestanti che lanciavano pietre. Proteste più piccole ci sono state anche a Cracovia, Szczecin, Poznan e Lodz. Molti protestanti sono stati arrestati.

Questa scelta da parte del governo non farà altro che favorire le azioni illegali e pericolose da parte delle donne che vogliono abortire. Come possiamo aiutare? Supportando queste organizzazioni e iniziative: Amnesty International Polska, Strajk Kobiet, Dziewuchy Dziewuchom, Aborcyjny Dream Team, Aborcja Bez Granic, Women Help Women, Human Rights Watch, Center for Reproductive Rights.

Diffondete ciò che accade e fate giusta informazione. Mostrate il vostro supporto. E protestate.

 

Immagine in evidenza da East Journal.

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Chiara Gianferotti

Chiara Gianferotti, 24 anni, ha sempre o un libro o una valigia in mano. Vive a Madrid ed è laureata in Lingue per l’Editoria, con un master in Editoria e Traduzione. Attualmente si occupa di editing, traduzione e comunicazione editoriale come freelance. La sua più grande passione è scoprire nuove librerie e parlare di libri su Instagram.

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