Opinioni

Pandemia del terrore e del terrorismo

Foto di Sonia Capuccini (CaoS Photo)

Quando si tratta di controllare gli esseri umani non c’è miglior strumento della menzogna. Perché, vedete, gli esseri umani vivono di credenze. E le credenze possono essere manipolate. Il potere di manipolare le credenze è l’unica cosa che conta.

M. Ende

La presenza del virus è un dato: quello del terrore. La manipolazione dell’informazione sul virus è un altro dato: quello del terrorismo. Secondo C. Schmitt, fondandosi sulla distinzione amico-nemico, il politico punta a preservare la comunità dall’eventualità di un attacco sacrificando una parte per il tutto. Una logica che prevede il deperimento del gruppo più piccolo per la sopravvivenza del gruppo più grande, grazie a cui il politico, salvando l’intera comunità salva allo stesso tempo anche se stesso. La riduzione del politico a metafora immunitaria dell’organismo sociale prende la forma della discriminazione degli amici dai nemici, da cui deriva che «l’ordine civile nasce pertanto dalla decisione di differenziarsi, dividendo il proprio universo in due direzioni opposte: l’interno e l’esterno, il proprio e l’altrui, l’appartenenza e l’estraneità. Da un lato ciò che devo far vivere perché mi fa vivere, dall’altro ciò che devo far morire perché potrebbe farmi morire» (D. Mazzù, La metafora autoimmunitaria del politico. Sta in Politiche di Caino. Il paradigma conflittuale del potere, 2006).

Un dispositivo ideologico riabilitato dalle stesse istituzioni per la situazione di emergenza sanitaria che risente di una confusione tra la logica biologica dell’organismo vivente in cui il nemico è facilmente individuabile, con la logica del politico in cui la distinzione tra appartenenza ed estraneità ha a che fare con le rispettive risposte di filia e di fobia. Così, da un lato abbiamo il tipo non vaccinato che, in quanto esterno al mondo culturale del valore bisogna che sia sacrificato perché portatore di disordine, d’infezione e di una disumanizzante insignificanza, mentre dall’altro abbiamo l’amico-simbolico e umanizzato che invece bisogna salvaguardare. Un sospetto a fior di pelle che dà il là ad un sistema di discriminazione psicologica per supplire alla mancanza di una protezione più sicura sul piano sanitario. Ed ecco che il fanatismo trova la sua legittimazione nel sociale come meccanismo di espulsione e tendenza alla neutralizzazione delle differenze che, sopprimendo il gruppo campione per indurre alla vaccinazione di massa, appiattisce allo stesso tempo la libertà individuale in un perfetto clima di guerra.

Nello scenario attuale si può così osservare il passaggio da un clima sociale di confidenza precedente la pandemia e indicativo di un modo di procedere con fiducia, ad un clima di diffidenza nei confronti di chi non si è sottoposto alla pratica del vaccino. Una strategia di arginamento del problema attraverso la tecnica della restrizione degli spazi sociali per coloro che sono stati individuati come i maggiori indiziati nell’estensione dei contagi, sebbene sia ormai chiaro che anche i vaccinati con prima, seconda e terza dose possano trasmettere e contrarre il virus. Eppure, se la diffidenza sembra concentrarsi unicamente sugli obiettori di coscienza in quanto sprovvisti di un green pass, è perché sul piano sociale il ristabilimento della differenza tra gli pseudo-immuni (legittimati ad essere integrati) e gli obiettori di coscienza (designati come i nuovi deportati di pace) restituisce una diffusa percezione di controllo della realtà.

Una lettura psicopolitica della pandemia come metafora di guerra si può rinvenire a partire dall’angoscia di fronte all’estraneo con cui si trova alle prese il bambino all’ottavo mese (vedi pure R. Spitz in F. Fornari, La vita affettiva originaria del bambino, 1973). Nella rappresentazione fantasmatica del bambino, l’altro è un’inquietante estraneità, non per ciò che è, ma per ciò che non è, ossia per il fatto che non è l’immagine buona e rassicurante della madre. Se spostiamo lo sguardo dal piano intra-psichico a quello inter-sistemico, sarà possibile leggere più agevolmente la fantasmatica degli pseudo-immuni nei confronti degli obiettori di coscienza come una riedizione dell’angoscia dell’estraneo. Ora, poiché il tessuto sociale presenta perturbanti ambivalenze, nell’immaginario collettivo gli obiettori di coscienza ri-presentificano quella stessa inquietante estraneità rappresentata dalla mancanza della presenza benevola e rassicurante della madre per il bambino all’ottavo mese. È così che gli pseudo-immuni risolvono il problema, organizzando una risposta reattivo-difensiva nei confronti di chi, non risultando essere appartenente al resto della comunità dei vaccinati, è vissuto come nemico in quanto estraneo e carico di aspetti perturbanti.

Se il montaggio spettacolare dell’informazione tra i sommersi e i salvati non esaudisce la codificazione di un significato da attribuire alle cose, è appunto perché l’obiettore di coscienza risente di una trasfigurazione con il doppio persecutorio in quanto rischio di malattia e pericolo di morte. Una ricapitolazione fantasmagorica della perdita della madre come evento che suscita un’ansietà che mobilita ad opportune perizie, volte a scoprire se le cause della malattia e della morte sono naturali o cagionate da altri che potrebbero ancora riprodurle. Ad esempio, il fatto che durante una pandemia siano tutti potenzialmente minacciosi per gli altri, l’ideologia homo homini virus si presenta non solo come l’immaginario «dell’intangibilità dell’onnipotenza narcisistica, che non può vivere il male nella propria appartenenza» (F. Fornari, Simbolo e codice. Dal processo psicoanalitico all’analisi istituzionale, 1981), ma come esportazione nel sociale dell’ansietà che standardizza la soluzione di una pseudo-immunità come guerra contro il virus in quanto nemico da debellare.

Ma se il sistema di difesa relativo alle competenze dell’organismo funziona come processo naturale, le restrizioni penalizzanti nei confronti dei presunti nemici si basano viceversa su una ragione tanto aleatoria quanto artificiale e delirante. Infatti, quando il protocollo ufficiale prescrive “Tachipirina e vigile attesa”, mentre le condizioni di salute si aggravano con il rischio di diventare irreversibili, questo può anche significare non combattere il virus e non prendersi cura di nessuno. Il costo dei tamponi in Italia è stato a carico dei singoli individui, mentre in paesi come la Germania è a carico dello Stato, il che significa che gli italiani più svantaggiati sono stati attaccati, cioè economicamente parassitati da quella stessa istituzione che invece avrebbe dovuto preservarli. È in questo senso che vi è una differenza sostanziale tra l’atteggiamento passivo degli obiettori di coscienza che decidono liberamente del proprio corpo e l’attacco larvato dello Stato alla libertà di scelta che, colpendo l’economia privata degli individui, li destina di conseguenza al deperimento.

Il dissenso rispetto al vaccino salvatutti solleva non soltanto il dubbio della sua reale efficacia – risultando dannoso in una percentuale di casi e un’incognita per il futuro in quanto ancora sperimentale – ma è percepito come un attacco fantasmatico alla stessa sicurezza della comunità. Cosicché il collettivo rimette nelle mani dello Stato l’aggressività che non agisce direttamente e che l’istituzione impartisce sotto forma di sanzioni, perché per la comunità che ha alienato nello Stato la facoltà di discriminare, gli obiettori si confondono con la diserzione e il tradimento, sinonimo di deviazione e di patologia (anche se senza questi anticorpi della società il sistema procederebbe nella sterilità del biancore operativo e delle procedure da applicare, come ad esempio nel caso di un green pass da certificare). L’identificazione del collettivo con l’istituzione che promuove la vaccinazione sembra quindi costituire una strategia di salvezza che per compiersi deve ridurre il rischio di trasmissione della malattia fino ad estinguerlo.

Tuttavia, soltanto una percentuale della popolazione ha fatto ricorso ai vaccini con l’idea di salvare la comunità salvando allo stesso tempo anche se stessi, un sacrificio in virtù di un compito più grande vissuto come una vera e propria missione salvatrice. Pertanto, se l’istituzione decreta che anche i bambini siano sottoposti al vaccino, sembra disposta a sacrificare questi ultimi conservando allo stesso tempo la convinzione di aver fatto un buon investimento per il futuro. Appare chiaro allora che l’ideale di una comunità coesa «si appoggia su un movimento di reciproca seduzione tra i membri […] che elude qualsiasi lavoro di rimessa in questione dell’equilibrio eretto, quando non facilita l’affermarsi di un meccanismo di inglobamento nel grande Tutto e la costruzione di un immaginario ingannevole. Quando si verifica una situazione del genere, trionfano l’indifferenziazione e l’omogeneizzazione, le cui caratteristiche mortifere sono ben note» (E. Enriquez, 1991).

Questo spiega l’autoritarismo dello Stato nei confronti di quelle pecore nere che sono gli obiettori di coscienza come tentativo di «dare alla morte l’assalto finale, di espellerla dal mondo» (L. Alfieri, La simbolica dei diritti umani. Sta in Politiche di Caino. Il paradigma conflittuale del potere, 2006). Di conseguenza, presiedendo la situazione di emergenza sanitaria come presenza assolutamente buona, «lo stato, prendendo il posto della madre, crea per gli individui, oltre a determinate funzioni realistiche, un’illusione del tutto dereale di poter raggiungere l’immortalità attraverso l’identificazione col gruppo di appartenenza» (F. Fornari, Psicoanalisi della situazione atomica, 1970). Quanti hanno creduto di mettere la propria salvezza nelle mani dello Stato, sempre che siano disponibili a fare un opportuno esame di realtà, potranno constatare l’«aberrazione autoimmunitaria cui va incontro un modello politico rigidamente legato all’impossibile distinzione tra l’amico da salvare e il nemico da distruggere» (D. Mazzù, 2006). Dunque, «se non tutte le istituzioni possono, di fatto, darsi un sistema simbolico così chiuso e così costringente, esse cercano comunque coscientemente o in modo inconscio di edificarlo. E ciò tanto più quanto meno si sentono sicure di sé e quanto più desiderano reistituirsi, ridarsi un fondamento solido (e sviluppare così un controllo nuovo e più completo sui loro membri)» (E. Enriquez, 1991).

Si può quindi parlare di «un vero e proprio processo di “militarizzazione”, cioè di un’elaborazione paranoica, che impedisce all’individuo di un gruppo di accettare una o più parti dell’ideologia di un altro gruppo senza che ciò assuma il valore di una diserzione, di un tradimento che mette in pericolo lo stesso corpo sociale in cui vive» (D. Mazzù, 2006). Siamo di fronte al caso emblematico in cui «chi comanda non si arrende facilmente all’idea che chi ubbidisce possa sopravvivere da solo» (D. Mazzù, 2006) ed è per questo che fa di tutto perché sia impossibile autodeterminarsi. I provvedimenti del governo canadese che intende congelare i conti dei camionisti che hanno manifestato liberamente contro il green pass, sono una chiara forma di controllo che, sterilizzando ogni forma di dissenso nella società, impartisce una capillare logica di assoggettamento, direzione verso cui sembra andare la logica neo-liberista come sistema totalizzante nella post-modernità. Da qui deriva che «essere marginale significa comportarsi in modo non congruente con il sistema sociale e prendersi a cuore ciò che ad esso poco importa: la verità e l’autonomia del soggetto, giacché, fondamentalmente, il sistema sociale non è altro che un luogo di travestimento e di ipocrisia che agli individui richiede soltanto di essere dei produttori-consumatori di cui ha bisogno per la propria perennità.» (E. Enriquez, Il lavoro della morte nelle istituzioni. Sta in AA. VV., L’istituzione e le istituzioni, 1991).

E così va a finire che quando «l’istituzione non sostiene più il narcisismo dei suoi soggetti – quando, per esempio, il compito primario dell’istituzione li espone ad attacchi e a pericoli violenti – di ritorno viene attaccata l’istituzione» (R. Kaës, Realtà psichica e sofferenza nelle istituzioni. Sta in AA. VV., L’istituzione e le istituzioni, 1991). Un attacco che prende la forma della critica, ragion  per cui se è vero che «ogni individuo e ogni collettivo tende narcisisticamente e onnipotentemente a porre il desiderio e la sua simbolizzazione privata come normativa per tutti» (F. Fornari, 1981), è altrettanto vero che ogni leadership politica, economica e scientifica «si trova in una pozione di potere e può cedere all’inclinazione, anche se è cosciente di dovervi resistere, di abusarne» (E. Enriquez, 1991). È in questo senso che un’etica trasversale, basata sulla comune sopravvivenza, non corrisponde allo schema immunitario mors tua (degli obiettori di coscienza) vita mea (degli pseudo-immuni) che il presidente del consiglio Draghi ha approntato come tentativo di soluzione fallimentare del problema. Una guerra bianca combattuta a colpi di decreti legislativi e di provvedimenti disciplinari tesi a sconfessare la versione di quanti sostenevano l’inefficacia dei vaccini, speculando sulla spettacolarizzazione di una tragedia giocata con personaggi come Bassetti e company, i quali prima misconoscono che vi sia un rischio reale per i vaccinati di contrarre e trasmettere il virus, mentre poi sono disposti a riconoscerlo allo scopo di non perdere credibilità di fronte ai dati di realtà.

La razza pura sembra ormai essere quella degli pseudo-immuni, mentre gli obiettori di coscienza assumono sempre più le sembianze di una sub-umanità, sotto i colpi della discriminazione, dell’allontanamento e dell’abbandono persistente, costretti al confino da quei luoghi frequentati prevalentemente da chi è in possesso di un lasciapassare e trattati come capri espiatori sociali. La critica sollevata da Agamben, per il fatto di aver rinvenuto un’analogia tra la stella di Davide e il green pass, è risuonata a molti come un anacronismo. Ma quanti sono quelli che, irridendo questo estremismo, sono stati capaci di riconoscere le discriminazioni, le restrizioni e le penalizzazioni dal lavoro di cui sono oggetto gli obiettori di coscienza nell’attuale svolta autoritaria? Non molti, purtroppo, perché la coscienza felice ha finito per produrre un silenzio generale che si è steso su tutto come logica ordinaria e tentativo di domesticazione in effige del rischio di contagio, da cui deriva il gregarismo di base a fronte di un istituzionale sado-narcisismo di vertice.

In conclusione, così come «in talune circostanze l’organismo vivente si salva solo a patto di deprimere le proprie difese per elevare e potenziare la capacità di accogliere e integrare l’altro nel proprio, il not self nel self» (D. Mazzù, 2006), allo stesso modo la responsabilità soggettiva non potrà ricostituirsi come psicologia collettiva se non nella misura in cui sarà possibile riconsiderare lo scarto esistente tra la pandemia sul piano dell’organismo biologico in quanto emergenza sanitaria e la guerra come funzione del politico sul piano dell’organismo sociale in quanto metafora autoimmune. Allo stato attuale delle cose, caratterizzato dalla paura inter-sistemica, sembra possibile presagire che la situazione postcovid-19 risentirà dei rapporti tra la categoria contrassegnata come la sola a rischio di trasmissione e i plurivaccinati: vittime del cinismo e dell’ostracismo organizzato gli uni e vittime del terrorismo psicologico gli altri. Ma quando la pandemia sarà finalmente superata, il virus della diffidenza si scioglierà come neve al sole, mentre un nuovo dispositivo di controllo entrerà a far parte delle tante vite che riprenderanno il loro cinico giro di giostra senza che quasi nessuno si sia accorto di niente.

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Domenico Treccozzi

Domenico Treccozzi si occupa di critica sociale e più recentemente di Counseling rivolto alla persona, alla coppia, alla famiglia, ai gruppi ed alle organizzazioni. Interessato ad una lettura psicopolitica dei fenomeni culturali in genere, così come è stata formulata dalle teorizzazioni di Luigi De Marchi, è alla ricerca di un adattamento alla libera pratica del Counseling (di derivazione dalla migliore tradizione umanistica di Carl Rogers), secondo l'apporto integrato e strategico dei più recenti sviluppi nell'ambito della relazione d'aiuto.

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