Internazionale

Famiglia tradizionale, Ungheria e UE: è il momento di una riflessione

Giorni scuri e burrascosi questi, per la nostra Europa. È notizia degli ultimi giorni, rimbalzata ovunque, ma forse non abbastanza nelle sedi dell’Unione: l’Ungheria di Orban ha approvato modifiche alla costituzione che rendono legale la sola famiglia “tradizionale”, ovvero costituita da un uomo e una donna, basata su valori nazionali e cristiani.

Con la campata scusa del “difendere i bambini” (Judit Varga, ministro della giustizia), si compie così un atto scellerato e in contrasto con i valori costitutivi dell’UE. Non bastasse questo, poche ore prima il ministro della famiglia Kátálin Novak, aveva dichiarato che le donne ungheresi dovrebbero smetterla di preoccuparsi di guadagnare tanto quanto i loro compagni uomini, e concentrarsi invece sul ruolo di madri e promotrici dei valori tradizionali.

Tutto questo sembra follia nel 2020, soprattutto per il modo in cui sono state fatte passare queste modifiche: inserite nel piano di emergenza per la pandemia in corso. Un modo per celare una incapacità di fondo nel gestire un momento critico come quello attuale, gettando fumo negli occhi dei cittadini, raccogliendo il consenso degli estremisti e alimentando il fuoco della disuguaglianza e dell’odio negli altri paesi in bilico, come la Polonia.

Quando finisce questo capitolo? Dov’è che troviamo il turning point di questa lettura così distopica? Deve trattarsi di un’opera di (scura) fantasia, non può essere realtà. Invece, è proprio ciò che abbiamo davanti agli occhi.

Nel momento in cui gli Stati membri dovrebbero stringersi e far forza insieme per cogliere e sfruttare il rilancio economico dell’Unione Europea a livello mondiale, ecco che il fendente colpisce proprio dal suo interno. Il messaggio di fratellanza, condivisione, uguaglianza sembra un mero ricordo davanti ad azioni del genere, provvedimenti che minano l’essenza stessa dello Stato di Diritto.

Il sogno dell’Europa unita, forte e inclusiva vive e respira ancora in tutti noi, nonostante gli attacchi. Stracciata, sottovalutata, messa all’angolo eppure ancora qui: impossibile ignorare il desiderio di comunità che ci batte dentro, soprattutto quando a tentare questa mossa sono politici della categoria più bassa, ora in Ungheria, ora in Polonia, ma anche in Italia, Francia e negli altri paesi dove nascono focolai antieuropeisti. Focolai alimentati dall’odio e dall’ignoranza degli orrori che l’Europa voleva superare e lasciarsi alle spalle 70 anni fa, dopo il secondo conflitto mondiale.

Chi oggi sfodera questi attacchi alle comunità meno tutelate, sta di fatto preparando le basi per un crimine più grande. Quando ad un cittadino viene negata la possibilità di essere genitore, vengono in pratica messe delle etichette, tra persone di serie A e di serie B. E tutti sappiamo dove portano queste distinzioni. Il valore della memoria, forte, ce lo testimonia, e ci invita a indignarci e a protestare contro queste becere manifestazioni populiste di potere.

Ora è il momento delle risposte da Bruxelles. Risposte che siano forti, sì, perché l’attacco che è stato lanciato è di portata inimmaginabile. L’articolo 9 della Carta fondamentale dei Diritti dell’Unione dice che il diritto di sposarsi e costruire una famiglia sono stabiliti dalle leggi nazionali do riferimento, è vero, ma forse è arrivato il momento di riflettere proprio su questo, aprendo il raggio d’azione alle famiglie omogenitoriali.

Pochi mesi fa, proprio in difesa delle comunità arcobaleno dagli attacchi della Polonia, la von der Leyen diceva di voler lavorare affinché ci fossero regole uniformi sulla genitorialità, inclusive e riconosciute dagli stati. Ora più che mai questa si rivela una corsa necessaria, urgente e quanto mai fondamentale per l’Europa di domani.

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Carlo Colleluori

Carlo Colleluori, 24 anni, ballerino a tempo perso e dottore in Scienze della Comunicazione e laureando magistrale in Media, Arti, Culture. È appassionato di lettura, serie tv e parchi a tema. Attivo anche nel sociale attraverso diverse associazioni, cerca ogni giorno di combattere e dare una voce ai diritti di tutte e tutti.

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