Opinioni

Le ridotte vie d’uscita nella battaglia morale del giudizio altrui

Nel mondo odierno, gonfiato da annunci di personal trainer e psicoanalisti, hanno attecchito nella mente umana sistemi mentali malsani che spesso mettono in dubbio la stessa esistenza umana.

Le infinitesime particelle di noi stessi, ora più che mai, denotano una certa propensione a dipendere quasi nella loro totalità dal cosiddetto ‘giudizio altrui’. Tale ‘giudizio altrui’ non è il nome di una bevanda, tantomeno lo slogan pubblicitario di un prodotto in offerta al discount, ma un vile sistema schiavista di menti deboli. Un sistema fatto su misura affinché ci siano due segmenti sociali: uno predominante e uno predominato. Il sistema del pensiero egualitario è finzione dal momento che, essere se stessi senza sentirsi un (bel) pò sotto accusa, oltre a non essere liberale, è pura utopia.

Il famigerato ‘giudizio altrui’ non si cerca, non si vuole, non si chiede ma ciononostante è lì, pronto a sorvegliarci e a stroncare il nostro animo in vista del primo motivo di entusiasmo o di felicità, pronto ad invaderci il cuore. Come una macchina ad induzione ci porta a intraprendere sentieri che nemmeno noi stessi avremmo voluto e immaginato di percorrere, e dove nel tragitto non passa inosservato un gran cartello segnaletico con la scritta ‘che sto facendo?’.

Il tema del peso del giudizio altrui o dell’idea che hanno gli altri di noi stessi ci stringe le braccia come se fossimo in una morsa dalla quale uscirne, a volte, è davvero impossibile.

Ci sentiamo quasi inadatti, ci sentiamo di dubitare delle nostre ideologie, impossibilitati a esprimerci e a esprimere ciò che davvero sentiamo, come se dominasse un perpetuo clima di terrore sociale in merito alla libertà di pensiero. Mi sento pervasa da una sensazione di nervosismo e malessere diffuso al pensiero che possano esistere degli antagonisti capaci di imporre delle condizioni psicologiche che limitano la possibilità di esporre concetti, che appartengono alle nostre vicissitudini, alla nostra indole. È incomprensibile pensare alla possibilità che una persona venga trattata come oggetto di giudizio profondo e minuzioso. Parole inopportune, considerazioni inutili, osservazioni il quale unico fine è quello di schiacciare in maniera funesta le idee altrui. Una macchina psichica che intenzionalmente scolpisce con dolore gli animi intraprendenti riducendo il respiro a chiunque abbia negli occhi l’ebrezza di vivere la propria – unica – vita nel riflesso di se stessi.

Inadatti e inappropriati (come ci fanno sentire) iniziamo a modellare la nostra mente rendendola conforme al pensiero comune realizzando azioni secondo le volontà o le aspettative di persone che, nelle nostre vite, hanno un’importanza irrilevante. Ci sentiamo fuori strada ma, ciononostante, tale influenza appare come un qualcosa di inevitabile.

Come può un essere che non appartiene al nostro cuore incidere nella nostra vita con tale imponenza? Ammesso che rientri nella nostra lista delle cose inevitabili, vivere secondo il magnetismo predominante di un individuo che di noi a malapena conosce il cognome, possiamo realmente essere così poco generosi con noi stessi?

Questa condizione costruita dall’essere umano appare come l’azione concreta del lasciare un posto in prima fila ad uno spettacolo di sensazioni uniche ed irripetibili ad uno sconosciuto concedendogli il permesso di poter assistere in maniera ravvicinata a emozioni che dovrebbero spettatore solo a noi. Ci sentiamo smorzati nel profondo, ci sentiamo di dover cambiare e infine ci sentiamo sbagliati.

Il giudizio altrui ha un peso consistente, grava su noi stessi e sulle persone che amiamo e non è solo una parola, ma un elenco di condizioni nocive che avvelenano le nostre aspirazioni, i nostri desideri più profondi e disegnano limiti nelle nostre giornate, che non dovrebbero esserci nemmeno in un ipotetico universo mentale.

Tra le innumerevoli cose belle che l’essere umano potrebbe fare, sono ancora molte le persone che impiegano le loro energie dilettandosi per ‘svago’ e ‘hobby’ in azioni inutili che invadono, dissuadono, sentenziano e colpiscono ‘l’altro’, come se fossimo nati non per vivere felici, ma per rendere la vita un gioco d’azione dove alla fine c’è sempre qualcuno che perde, ma in questo caso (e senza accorgersene), il vero perdente non è colui che viene sconfitto, ma colui che ha iniziato la battaglia.

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Roberta Cirulli

Roberta Cirulli, 25 anni, studentessa di scienze turistiche, attualmente in Erasmus a Madrid. Appassionata di natura, sistemi turistici, tradizioni, saperi, usanze e aspetti magici-religiosi e culinari delle comunità occidentali e orientali, che caratterizzano la bellezza del nostro pianeta.

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