Internazionale

Notizie dal Burkina Faso

Questo ce lo scrivono Grazia e Patrizia, le missionarie di ”Tante Mani Per … Uno Sviluppo Solidale  ONLUS” in Burkina Faso (www.tantemaniper.org)

Nei giorni scorsi abbiamo pubblicato “Africa una bomba ad orologeria” e leggere l’aggiornamento di Grazia e Patrizia, che ci scrivono con il cuore dal cuore dell’Africa, quella nera, ci aiuterà a capire come stare sempre più vicini a quella gente e perché sia giusto e doveroso farlo.
Quello che da noi è normale là è complicato;
Quello che da noi è difficile là è impossibile;
Quello che da noi pericoloso là è morte.

Leggiamo Grazia e Patrizia e chiunque poi lo desiderasse sul sito dell’associazione troverà tutte le istruzioni per aiutare quella missione, quei bambini, quella nostra gente lontana.

Se uniamo le nostre mani alle loro la sconfitta del virus sarà più facile e più onorevole per tutti.

Grazie a tutti

 

Da Grazia e Patrizia
Ouagadougou – Burkina Faso
www.tantemaniper.org

Il virus si sta diffondendo anche qui, non con la virulenza di altri contesti geografici, almeno così sembra: cammina lentamente e semina morte, paura, angoscia.
Rapidamente sono state adottate le stesse misure restrittive varate in altri contesti: chiusura di scuole e mercati, confinamento, coprifuoco.
L’invito è lo stesso che in Italia: rimanete in casa, abbiate cura dell’igiene, mantenete le distanze di sicurezza, al primo sintomo chiamate l’emergenza medica.
Tempestiva la chiusura delle scuole e l’annullamento delle iniziative sociali e religiose che prevedevano grandi assembramenti di persone. Ottima mossa: l’esperienza cinese e europea è stata maestra! Questa misura, tutto sommato, è stata attuata senza problemi. Qualche resistenza, certo, ma alla fine il buon senso è prevalso. Anche di un’altra esperienza si è fatto tesoro: la lievitazione dei prezzi di mascherine, guanti, saponi igienizzanti. È stato diffuso un listino prezzi nazionale per contrastare lo sciacallaggio. Osservando gli altri Paesi, il Burkina sembra (il dubbio è d’obbligo) essersi mosso in tempo per assicurarsi attrezzature e materiale medico indispensabili per fronteggiare l’emergenza (così dicono in TV).
L’osso duro da gestire è quel “restez à la maison”. A cui è associata un’altra misura, davvero improponibile per chi vive alla giornata: la chiusura dei mercati. Per non parlare, infine ma non come ultima, della difficile gestione della risposta igienica (acqua e sapone) alla pandemia.
Rimanere in quali case? Siamo in piena stagione secca e fa un caldo terribile. Molte (troppe) case sono fatiscenti e affollate di gente. Sono addossate l’una all’altra, con un piccolo spazio esterno spesso in comune con altre famiglie. Per tanti (troppi) la casa è “entrée couché”, unico ambiente, 13-15 m2 in tutto e per tutto. I più fortunati hanno 4-5 m2 in più, una piccola stanzetta adibita a camera da letto. Durante il giorno, il tetto in lamiera trasforma le case in saune.
La ricerca del cibo e la chiusura dei mercati è faccenda assai seria: purtroppo si mangia tutti i giorni anche in presenza del coronavirus! Solo pochi possono permettersi una riserva alimentare: una bottiglia di olio; un sacco di riso; un chilo di sale o di zucchero; un paniere di soumbala o di gombo secco o di arachidi. Ogni giorno si va al mercato o dalla vicina che fa piccolo commercio e si compra l’occorrente per il pranzo e la cena quotidiana perché i soldi a disposizione non permettono altro: si vive alla giornata e si mangia con il lavoro di ogni giorno. Sono in molti a comprare ogni giorno un cucchiaio di olio (50f), magari dalla vicina che ha avuto la possibilità di acquistare un litro di olio, lo ha meticolosamente distribuito in bustine e lo rivende per guadagnare quei 200-300f che gli permettono di andare al mercato e comprare il “pane quotidiano” da mettere sulla tavola per sfamare se stessa e tutta la famiglia. E quei 50f per comprare l’olio sono frutto, forse e senza forse, della vendita ancora di qualcosa, forse di bustine di pasta, perché a sua volta e stato comprato un chilo di spaghetti e, dopo averli spezzati, sono stati distribuiti in bustine e venduti al dettaglio. Ed è così per tutto: pomodori, cipolle, melanzane, peperoni venduti a unità o a piccoli mucchietti di 2 o 3 o 4; lo zucchero o il sale venduti in bustine di 50 o 100 grammi; il caffè il bustine monodose. Si compra il dettaglio del dettaglio. Se si ascoltano nel profondo le donne che in TV mettono a nudo la realtà vengono i brividi: con i mercati chiusi forse non si muore di virus, ma certamente si morirà di fame. Chiudere tutto in un Paese che vive di economia di sussistenza è come preparare il cappio e attaccarlo a un albero. Eppure è stato constatato che è l’unico modo per fermare la diffusione dilagante del virus. Allora, forse, alla chiusura e all’invito a stare a casa bisognava immediatamente attivare e affiancare un programma di supporto alimentare per tutte quelle famiglie che vivono di quello che producono. I funzionari a fine febbraio hanno ricevuto il loro stipendio e andranno avanti fino a marzo, ma gli altri? Cosa ne sarà del loro futuro.
Un altro “punto dolens” è l’igiene. Nei villaggi c’è il pozzo comune, quasi sempre in periferia, al crocevia di più villaggi. Nelle città, non in tutti i quartieri e non in tutte le case, la distribuzione dell’acqua è centralizzata. Nei villaggi un pozzo serve una miriade di persone ed è lontano quanto basta per scoraggiare anche i più ben intenzionati ad andare a prelevare l’acqua anche una sola volta in più rispetto all’organizzazione di sempre. In città la mancanza di acqua è giornaliera e riguarda spesso le ore pomeridiani quando il caldo è più insopportabile. C’è poco da dire: basta chiudere gli occhi, immaginare le case descritte senza acqua e udire nelle proprie orecchie l’invito a lavarsi le mani bene, più volte al giorno, col sapone.
La situazione è molto critica e il popolo burkinabè avrà certamente il coraggio di affrontare anche questa prova con grande dignità e tenacia.
Quando ci si incontra da lontano ci si dice l’un l’altro “bon courage”: che il coraggio abiti il nostro cuore e ci conduca fuori da questo terribile tunnel.

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MG

Marcello Gianferotti, classe 1966, ha iniziato a viaggiare all’età di 15 giorni. Prima la Tunisia, poi il Madagascar, l’Italia e ora la Spagna: non si è mai fermato. Grande appassionato di scrittura, è referente iberico del circuito Sviluppo Europa e gestisce, oltre a SamizdatVoz, anche il suo blog culinario marcellogianferotti.org.

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