Viaggi

Il fascino cupo del Dark Tourism

Quando una certa forma di turismo solleva dilemmi etici

Viaggiare: un termine ampio di significati che accompagna la vita dell’essere umano sin dalle sue prime comparse sulla terra. Pensiamo ai romani, che giustificavano le loro numerose visite alle terme con la parola latina otium, motivate da una forte esigenza di rigenerare il proprio corpo per poter tornare alle attività quotidiane con maggiore produttività. Pensiamo agli antichi greci che viaggiavano per poter assistere ai sacro santi giochi olimpici. Le motivazioni, il fine e il come sono parte integrante e costituente del turismo che lo differenziano in diverse tipologie più specifiche, un turismo perfezionato nel tempo del quale Thomas Cook si presenta come grande promotore dell’aver dato vita alla prima agenzia turistica e al cosiddetto “turismo moderno”.

Il fenomeno regolarizzato ha portato al perfezionamento delle destinazioni turistiche e ad una offerta di mercato ampia che si è adattata alla domanda, nonché ai gusti dei consumatori. Tra le preferenze dei viaggiatori ha iniziato a progredire e a occupare un ampio spazio attivo una componente del turismo poco discussa: il turismo nero, conosciuto come Dark Tourism. L’aggettivo ‘nero’ non è un caso, e richiama ad una tipologia di turismo che racchiude mete segnate da eventi tragici, pratiche e riti di dubbia moralità e circostanze pericolose per la vita dell’essere umano stesso che, in tali circostanze, veste gli abiti di ‘turista del terrore’.

Per intendere il fenomeno è necessario citare mete popolari al livello mondiale. Pensiamo ai flussi turistici sostenuti verso mete come Hiroshima e Fukushima in Giappone, Chernobyl in Ucraina, il tour dei cannibali in alcune tribù come quella di Korowai presso le foreste pluviali nell’area occidentale della Papua Nuova Guinea e Ground Zero a New York. Oltre al tema del rischio e della pericolosità che alcune di queste mete presentano, non passa inosservato il contenuto probabilmente immorale – e scrivo ‘probabilmente’ perché non è scontata la disapprovazione generale, anzi le statistiche sul numero dei partecipanti ai tour organizzati presso Chernobyl fa ben pensare il contrario. Un tema scottante e discutibile se pensiamo che l’attrazione principale sia una disavventura, una tragedia naturale e sociale o addirittura un luogo di un delitto (La strage di Erba e il delitto di Garlasco ne sono un esempio, fonti ufficiali infatti accertano la presenza di numerosi visitanti nei luoghi collegati a tali vicende di cronaca nera).

È possibile intercettare le motivazioni che hanno spinto molte persone a trascorrere interi weekend presso l’isola del Giglio con la Costa Concordia alle spalle, tra i resti del Rigopiano-Gran Sasso Resort o tra le rimanenze dei calcinacci del Ponte Morandi? Perché le macerie di Amatrice o de L’Aquila hanno richiamato un concreto flusso turistico quasi a parità di una località ‘sol y playa’? La curiosità è la prima forza motrice che in parte giustifica l’impresa tetra e il costante ma anche sarcastico atteggiamento di affanno che contraddistingue l’essere umano nella sua ricerca quasi disperata di eventi sensazionali, irripetibili, esclusivi, marcati da un senso di particolarità e novità lontano da ogni circostanza morale.

L’attrazione quasi naturale, ma che tanto naturale non può certo dirsi, verso tali mete ci porta a pensare alla irragionevolezza e complessità della nostra mente. È imprescindibile non parlare del tema della soggettività, di come tali episodi tragici si riflettono in ogni persona, di come questi ultimi si ripercuotono diversamente in ognuno di noi e nel nostro inconscio prima di essere assorbiti e analizzati nella parte consapevole della ragionevolezza. È anche legittimo oltremodo provare un sentimento contrastante nel pensiero che un luogo luttuoso possa dar vita ad un business come se la monetizzazione e la curiosità siano delle motivazioni sufficienti per creare album fotografici in luoghi protagonisti di disgrazie.

Potremmo saggiamente non concepire molte delle caratteristiche del Dark Tourism ma potremmo pensare al contempo di come l’antica città coinvolta nell’eruzione del Vesuvio del 79 a.d., Pompei, nei secoli si sia perfezionata nel settore turistico per divenire una tappa imperdibile del sud Italia, normalizzata inoltre da info-point, cartine e guide turistiche. È possibile che la distanza di tempo che intercorre tra il verificarsi dell’accaduto e il perfezionamento in meta turistica svolga un’azione ‘cuscinetto’ rendendola più concepibile come pratica e indubbiamente volta maggiormente all’interesse storico e culturale.

Esiste realmente una parte ‘giusta’ dalla quale schierarsi riguardo tale argomento o il giusto risiede nel lasciare che il fenomeno del turismo nero si consumi in sordina e in graduale progresso? Magari con la consapevolezza che forse in futuro nei pressi di Lampedusa ci saranno delle riproduzioni digitali che riprodurranno lo sbarco degli immigrati sull’isola solo per fini turistici?

Ci sono luoghi e luoghi, ognuno con la propria storia e le proprie fattispecie, ed è inconfondibile l’importanza del modo di fare turismo, l’atteggiamento e lo spirito del turista nei luoghi di memoria. Ci sono luoghi del terrore la cui visita può rappresentare una sorta di utilità per prevenire danni futuri, luoghi che visitandoli possono avvicinare la collettività solidalmente e al contempo luoghi capaci di creare un ponte storico con la vita dei nostri antenati. Quando questa tipologia di turismo mira a creare una sensazione di onnipotenza accompagnata dalla frase ‘ci sono stato’, o per puro ‘spasso e divertimento’ la visita non merita la presa in considerazione.

Il turista deve essere disposto ad una profonda empatia nei riguardi del luogo che intende visitare, riflettere e capire se può realmente essere in grado di assorbire il vero valore storico, ma prima di tutto umano che quella località racchiude in sé, deve sentirsi toccato nel profondo e deve rendersi capace di potersi commuovere con gli occhi del proprio cuore.

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Roberta Cirulli

Roberta Cirulli, 25 anni, studentessa di scienze turistiche, attualmente in Erasmus a Madrid. Appassionata di natura, sistemi turistici, tradizioni, saperi, usanze e aspetti magici-religiosi e culinari delle comunità occidentali e orientali, che caratterizzano la bellezza del nostro pianeta.

2 Commenti

  1. Ottimo articolo, che getta una luce sinistra su certi tour operator e sui loro clienti. Se posso permettermi, faccio solo un appunto: mettere sullo stesso piano Hiroshima e Fukushima mi sembra un po’ azzardato. Hiroshima è un luogo della Memoria (con la emme maiuscola) come Terezin o Dacau o le Fosse Ardeatine. Farsi un selfie sulle macerie di Amatrice è vergognoso; visitare la teca dove sono raccolti ogni anno migliaia di origami fatti dalle scolaresche di tutto il mondo, in ricordo i dei bambini ridotti a ombra da una sola bomba, è un atto politico, nel senso più ampio e nobile del termine.

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