Cultura

Anni ’80: stranieri per necessità e un’appartenenza rifiutata

Gennaio 1982, appena 21 anni e tante aspettative per il futuro. Per amore, a volte, si è disposti a tutto, anche a lasciare il proprio lavoro come contabile nel settore del giornalismo, la propria famiglia e la propria casa, per partire alle volte di terre incerte quali quelli di una nuova Nazione. Nella valigia, oltre ai pochi abiti, riposano con impazienza desideri e sogni. Un momento atteso quasi in maniera frenetica che non fa dormire per notti intere pur di immaginarlo e fantasticarlo.

In una Italia estiva incantata da spiagge dal sole rovente, dal profumo di anguria e dalle campagne color pesca che profumano di pomodori appena raccolti, si è quasi convinti che il sogno dell’estate italiana duri per sempre, anche nelle giornate invernali che all’alba iniziano con la brina sui prati. Nel nord della Francia il cielo raramente conosce i raggi del sole che si mostrano timidi e incerti, la scorza dei limoni, oltre a non essere edibile, non emana alcun profumo e, a causa della nebbia mescolata allo smog risulta complicato intravedere la fine dei lunghi e nuvolosi stradoni.

Lille-Milano: un viaggio in treno interminabile, nei vagoni c’è poco spazio per muoversi e ancora meno per respirare ma poi, dopo 17 ore, il tanto atteso arrivo, lo stesso arrivo che segna il frantumarsi delle prime aspettative, nello stesso modo in cui le spezie si frantumano nel mortaio e pestello. Trovare una casa risulta una impresa quasi imbarazzante, i proprietari quando la vedono da lontano con dei bagagli di cartone non si presentano all’appuntamento prestabilito. Trovare una sistemazione inizia a risultare difficile e anche molto estenuante. ‘Il tuo diploma non ha nessuna validità’ : le dicono ai colloqui di lavoro.

Sono poche le persone che conoscono la trafila da attraversare per poter trascrivere in italiano il diploma del quale Teresa (la chiameremo così) è in possesso. È certo che questa impresa richieda una somma di denaro spropositata (oltre le sue possibilità economiche), un viaggio a Roma presso istituzioni che nessuno ha mai visto né sentito e qualche cesto di salumi e formaggi da rendere in ‘dono’ ai segretari del comune per ottenere la documentazione da compilare per effettuare la richiesta.

La trascrizione, che implica troppe compromissioni personali, non avviene mai. Trovare lavoro, nonostante gli anni dedicati allo studio e alla formazione, inizia ad apparire impensabile: si parla di qualcosa che lei, in Francia, non ha mai sentito, si parla di raccomandazione. È possibile che negli anni ’80, il termine ‘meritocrazia’ non esista ancora nel vocabolario o che sia semplicemente un modo di dire dalla natura puramente astratta. Si parla di farsi raccomandare da personaggi dai nomi bizzarri, nomi che iniziavano per: Don, Marchese e Cavaliere. Come se siano le riprese di un film ambientato nel settecento. Titoli nobiliari, dicono, titoli rispettabili che solo individui appartenenti all’aristocrazia possono permettersi perché si, i titoli si comprano.

Il fattore linguistico preclude la maggior parte dei rapporti di Teresa. Una società dalle barriere salde che ha il timore di fare amicizia con ‘la francese’. Una condizione di derisione generale si crea quando la sentono parlare in italiano, un italiano che definiscono zoppo, senza accorgersi che la loro lingua, in realtà, non è italiano, ma un dialetto amalgamato a detti e proverbi di paese. Essere europei non basta, per integrarsi si devono far cose lontane dalla contabilità e dal giornalismo: si deve imparare a fare una rispettabile salsa di pomodori, preparare quantità immense di marmellate e sottaceti e grandi scorte di saponi che si preparano con il grasso del maiale. Risulta indispensabile dover fare ‘ciò che facevano tutti’, per integrarsi.

Non passa molto tempo da quando ‘la francese’ (non la chiamano mai per nome) inizia ad accontentarsi di lavori lontani dalle proprie ambizioni. Passa da ammirare le campagne color pesca a sistemare queste nelle cassette pronte per la vendita. A volte improvvisa mestieri, in alcuni giorni si improvvisa sarta, un altro giorno podologa e intanto le aspirazioni si sono accomodate nell’angolo in cui le speranze sfilano dalle proprie dita come granelli di sabbia. Altri istanti di derisione appaiono nel momento in cui la vedono spostarsi in bicicletta: dai vari racconti emerge come in quegli anni fosse un fenomeno insolito vedere una donna andare in bici e, in generale, appariva come una rarità, lontana dalla realtà odierna.

Trascorrono le stagioni e Teresa inizia a pensare a quanto sia sbagliato poter credere che l’amore possa giustificare un illusorio salto di qualità passando da una città (a quei tempi) evoluta socialmente ad un paese che, nonostante il profumo di salsedine, gode a tutti gli effetti delle insidie tipiche di una cittadina dove il progresso fa a cazzotti con l’atteggiamento di chiusura mentale degli abitanti.

Non castigo le usanze folkloristiche e alimentari correlate alla relazione storica-terrena di ogni popolazione, ma condanno il fenomeno di emarginazione che erano costrette a subire le persone che volevano cambiare la propria vita, seppur questa scelta risultasse gravosa considerando (come in questo caso) il dislivello sociale delle due realtà: un Nord Europa esperto nel settore dell’industrializzazione e un Sud Europa che faticava a distaccarsi dagli attrezzi agricoli degli anni ’50.

Anni segnati da un forte involuzione mentale, una forte ostinazione a non voler scolpire la corazza di pregiudizi coltivati nelle piccole strade non asfaltate di campagna. Un’estate che abbaglia gli occhi ma delude il cuore, un progresso apparente che conserva con i denti stretti anche gli elementi negativi derivanti dalle proprie radici.  Dagli anni ’80 ad oggi, si osserva in maniera distinta come il tema ‘dell’accoglienza’ nei riguardi del ‘nuovo arrivato’ (per molti un impostore) non sia cambiato molto, per alcuni versi conserva in maniera fedele i propri canoni autoctoni ancora nel mondo attuale.

Oggi ‘la francese’ parla perfettamente italiano e nonostante il progresso linguistico è ancora vista come una parte estranea e anomala della società. Teresa spesso rammenta l’amara inospitalità dei primi anni italiani come anni in cui avrebbe voluto, ma non ha potuto. In un mondo che professa un finto progresso ci si accorge, in fondo, che l’accettazione non è un carico di parole ma deve includere elementi concreti di vicinanza e comprensione.

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Roberta Cirulli

Roberta Cirulli, 25 anni, studentessa di scienze turistiche, attualmente in Erasmus a Madrid. Appassionata di natura, sistemi turistici, tradizioni, saperi, usanze e aspetti magici-religiosi e culinari delle comunità occidentali e orientali, che caratterizzano la bellezza del nostro pianeta.

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